ANALYSE RÉFÉRENTIELLE |
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Ennio FlorisLa concezione di Gesù-Cristo |
Controversia |
Indice Introduzione Ragionamenti sull credo Controversia La concezione . . . . . . . - o 0 o - . . . . . . . |
Abbiamo cercato di comprendere come la Chiesa intende il suo credo. Gli eventi lungo i tre periodi di tempo – delle origini, storico e escatologico – sono reali. Una persona divina nella sua realtà, il Figlio, che si incarna divenendo un uomo, Gesù di Nazareth, per offrire a Dio la sua vita come prezzo di riscatto degli uomini del Peccato, che li tiene schiavi. Ora, ragionando su questi eventi, ci siamo accorti che essi si svolgono piuttosto in un scenario mitico che nella raltà storica, in seguenze imaginarie e conseguenze contradittorie. Riteniamoli presenti. Nelle origini troviamo l’esistenza di un peccato, di cui si ignora il reposabile e, naturalmente, il luogo e il tempo. Questo peccato é stato commesso da Adamo, ma costui é piuttosto un personaggio che esprime la natura umana – l’uomo, cioé tutti gli individui umani, passati e futuri – che un uomo. Quindi la pena che Adamo subisce – di divenir mortale – concerne sia la sua persona che la sua natura. Se é vero che Adamo é condannato perché voleva diventare come un dio, il fondamento di questa sua esigenza si trova nella sua natura d’uomo, che Dio ha fatto « a sua imagine e a sua similitudine ». Adamo non faceva altro che prendere coscienza che la sua origine era divina per viverla in conseguenza. Di questa esigenza Dio ache Adamo avrebbe dovuto rendere responsabile pittosto se stesso che l’uomo ! Esiste dunque nelle origini una duplice contradizione : fra Dio e l’uomo, e in costuitu, fra la natura e l’individuo. A causa di questa, é impossibile di concepire Adamo come un individuo della storia : Egli é piuttosto un personnagio mitico, comprendenti tutti gli individue e tutti i tempi. La contradizione non é meno stridente nel tempo storico, concernente la Redenzione. La seconda personna della Trinità decide, per amore, di farsi uomo per poter offrire la sua vita a Dio per gli uomini, come prezzo del loro eiscatto del peccato, perché Dio non può derogare a l’esigenza della sua Giustizia. Cioé non puo perdonare senza che giustizia sia fatta sul peccato, almeno per una persona che si sostituisce al peccatore. Contradizione in Dio fra Giustizia e Amore. Nell’escatologia, la contradizione si accentua, nel senso que il Redentore rida agli uomini la lora immortalità d’origine, ma fa di questa lo strumento per aumentare a l’infinito la pena che i rei, cioé coloro che si rifiurano di sottiomettersi, devono subire. Mortali, avrebbero subito come pena la morte, immortali, subiscono una pena eterna. Il Redentore, colui che si era offerto come vittima in redenzione dei lo peccato, diventa per questi un giudice spetato : appunto perché redenti. Il Cristo cambia da ruolo, da liberatore diventa justice, si che é lecito di pensare que egli non sia offerto per redimere gli uomini dal peccati ma che abbia combattuto fino alla morte per liberarli da un potere a lui nemico e sottometterli al suo. Egli non é un Redentore ma un Liberatore per conquista. Contradizione dunque fra redenzione e liberazione, sacrificio e potere. Cercherò in seguito di trovare le ragioni di queste contradizioni, ma per ora queste sono più che sufficienti per rigettare questo sistema di una redenzione per il riscatto. Non é permesso alla ragione di accettare la legittimità di un sistema che sia in contradizione con i principi di ragione. La Chiesa non rimane certo senza rispondere, ma si attiene à una difensa di principio. Riconoscerà senz’altro che nel sistema appaiono delle contradizioni, ma che esse sono apparenti. Il Credo cocerne delle verità che vengono dalla rivelazione divina e non dall’esperienza, e che sono quindi aldilà dei limiti della ragione. Se si cerca dunque di comprenderle per mezzo di essi, si cade in contradizioni insolubili. Non bisogna sottometterle al dubbio e accettarle, tali e quali sono enunciate dalla parole divina. Non si può avere d’essi una conoscenza epistemologica, cioé ricercando le prove della loro evidenza, ma per « fede », affidansoci alla veracità di Colui che le rivela. E, per crederle, basta che esse offrano delle ragioni sufficienti di credibilità, queste esistono. Indatti la redenzione operata dal Cristo implica degli eventi che sono ad un tempo storici e miracolosi. In quanto storici, sono fatti reali che non si possono metter in dubbio perché databili, in quanto miracolosi, non si possono spiegare che per l’intervenzione divina, aldilà delle leggi che governano i fenimini della natura. Lascerò qui in sospeso questa teoria della doppia verità, di cui l’una é al di fuori dell’epistemologia dell’altra e che pone dei limiti insuperabili alla ragione. Tralscerò anche ogni critica sulla funzione del miracolo come prova di credibilità. Ma prenderò la Chiesa in parole per andare a cogliere questa prova di credibilità attraverso la lettura dei Vangeli, fonti credute stoique, degli eventi di salute di Gesù-Cristo. Gli autori dei vangeli sono coscienti di rapportare dei fatti veramente accaduti, tramatandi da testimoni « oculari », come dice Luca (Lc 1:2). Questa coscienza ci garantisce della loro onestà intellettuale, non certamente del valore storico dei fatti. Ma Giovanni, autore del quatro vangelo, ce ne precisa lo scopo, affermando di aver scrito « affinché si creda che Gesù é il Cristo » (Gn 20:31). Quest’affermazione precisa dunque il carattere catechetico dello scrito e anche, indirettamente, il genere della narrazione e la natura dei fatti narrati. Se, leggendo, si deve arrivare a credere che Gesù e il Cristo, si presuppongono due termini : Gesù e il Cristo, l’uno come soggetto storico, l’altro come personaggio di fede. Si presuppone anche che il lettore conosca l’esistenza di Gesù e abbia fede nel Cristo. In questo contesto, Gesù-Cristo é dunque frutto di un giudizio, che sarebbe la dinamica dei vangeli. Logicamente, Giovanni lo suppone. Ma, come gli evangelisti che lo precedono, egli va oltre questo limite, perché il suo vangelo é, nel medesimo tempo, una narrazione e un’argomentazione : narrazione dei prodigi, dei miracoli di Gesù, argomentazione, perché tendenti a provare que egli é il Cristo a pertire del loro caratere miracoloso. Ma in generale é Gesù stesso che si presenta come il Cristo in modo che tutto quello che fa o dice é atto o parola da Gesù-Cristo. Il lettore non ha dunque bisogno d’argomentare passando dal Cristo a Gesù, o da questo al Cristo, perché ha sempre davanti agli occhi Gesù-Cristo. La lettura dei vangeli sembra allora rendere meno arduo il nostro compito. Ma é necessario distinguere fra colui che legge per credere e colui che lo legge per accettarsi sulla verità di quello che il testo dice. Il primo non cerca che il messagio del testo, affidandosi pienamente alla sua autorità ; il secondo é piuttosto un giudice che interroga il testo per sapere con esattezza quello che dice e come lo dice, facendo astrazione sul valore o sulla verità del suo messaggio. Egli non si fida che dell’analisi del testo. Se questo é il nostro scopo, bisognerebbe essere pronti a percorrere i quattro vangel. Ma siccome bisogna fare economia di tempo, ci fermeremo a un solo evento : quello della concezione di Gesù. La narrazione infatti si vuole storica e non avrebbe alcun valore senza pretenderlo, e offre tutti i temi propri a una rivelazione, essendo una concezione verginale, di un bambino che é figlio di Dio. Concezione non di Gesù ma di Gesù-Cristo. |
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![]() ![]() ![]() ![]() ![]() t512000 : 02/11/2017 |