ANALYSE  RÉFÉRENTIELLE
ET  ARCHÉOLOGIQUE


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Ennio Floris


Autobiografia





Il Santo Uffizio

Tu sei domenicano





Introduction

Cagliari

Arezzo

Pistoria

Roma

Il Santo Uffizio
- Tu sei domenicano
- Intervenzione del
   Santo Uffizio

Firenze

Sulla via del protes­tantesimo

Sous le Christ, Jésus



. . . . . . - o 0 o - . . . . . .


   Pochi giorni prima dell’entrata in Roma degli Americani, fummo spettattori della traversata della città dei soldati delle divisioni tedesche di Monte­cassino, commandate dal Maresciallo Kesserling. Lo spettacolo fu quasi religioso. Una sfilata durata, credo, tre giorni, di uomin feriti, zoppi, aviliti, ma in ordine e forti se non per aggredire, per resistere ancora all’avanzata americana. I Romani seguirono la loro sfilata muti, rispettosi, meravigliati e forse compas­sione­voli nel vedere molti giovani. Segno di una reconciliazione esistentiale col popolo tedesco. Questa vista fu, forse, quella, per la quale gli italiani poterono rimuovere nell’inconsciente la loro adesione al fascismo e la condizione di popolo vinto, umiliato, disprezzato, per esistere in una nuova personalità, quella di « resistenti ». Come tali si presentarono anche i rifugiati, per i quali firmai delle testimonianze, per ottenere loro la medaglia d’argento.
   Quanto a me, ero al di fuori di questa situazione, per il mio stato sociale di religioso, interiormente soggetto a una profonda crise religiosa. Mi ero dedicato alla salvezza degli Ebrei più per una presa di coscienza di solidarità umana e di responsabilità cristiana que per una motivazione politica in difesa dei Diritti dell’uomo.
   Ma il fatto che in questo mio impegno trovai opposizione dalla parte della Chiesa, per la scomunica e dell’Ordine, e che esso non poteva essere messo in esecuzione che in contradizione con le esigenze del mio stato religioso, mi getto’ in una situazione di dubbio sui principi della mia fede e del mio stato clericale. Perché questa opposizione, se non avevo fatto che seguire il Cristo, salvando la vita d’uomini col rischio della vita e pronto a darla in ogni momento ?

   Una parola, quella della tradizione, mi risuonava nelle orecchie : « Tu sei domenicano, dell’Ordine creato per lo studio e la difesa della fede, ricercatore degli eretici e non certo per salvare la loro vita. Come tale, tu sei un religioso impegnato in servizi religiosi, comme il coro, la predicazione, il culto, la vita in commune. Ora il tuo impegno di salvare gli uomni dai loro pericoli ti mette al di fuori delle condizioni di vita dello stato religioso. E un impegno, certo, necessario, ma da compiere da altri. »
   « Ma Cristo, allora ? »
   « Dobbiamo imitare il Cristo, ma non confondere la sua missione con la nostra. Il Cristo non ha dato la sua vita per salvare gli uomini dalle persecuzioni o dagli abusi dei poteri politici, ma dal Peccato. Se nella nostra responsailità politica dobbiamo combat­tere questi abusi e difendere la nostra libertà e i nostri diritti, in quanto imitatori del Cristo bisogna piuttosto esortare gli oppressi sopportare le loro sofferenze e offrile in sacrificio a Dio per la remissione dei peccati di quelli che le provocano. »
   Si, capivo, ma forse troppo. Se infatti l’uomo religioso, potendo salvare degli uomini oppressi, si astiene per non uscire dalle condizioni del suo stato, e approffitta di questa situazione per esortarli a subire les sofferenze imposte per offrirle in sacrificio d’espiazione per il peccato dei suoi persecutori, é del eroismo porsi la domanda se sia un uomo normale o del titto alienato dal ma religione. Perché, so rifletta, egli lascia che il delinquente commetta il suo delitto, affinché la sua vittima lo redima col sacrificio della suia sofferenea o della sua morte. Pazzesco !
   Più pazzesco ancora m’appariva la missione che la fede confida al Cristo. Il Figlio di Dio offre a suo padre la sua vita come prezzo di riscatto della condannazione a morte che gli uomini hanno subito per i loro peccati, affinché essi ottengano da lui il perdono, e ritornino a essere immortali come prima. E Dio é Amore ! Ma come puo esserlo, se concede la sua grazia soltanto dopo essere stato soddisfatto nella sua esigenza di giustizia con un presso di riscatto per la morte di suo figlio ? Ma il Dio del Cristo é egli un padre o, comme l’accusa la bestemmia in uso presso i Toscani, un boia ?

   Questi dubbi mi inducevano a pensare che la mia carriera di dottore en Teologia era finita, e che forse incomminciava quella di critico. Mi ricordai della parole del Padre Brown. Avevo si la téologia, ma essa restava in me come un birillo sulla mano, un soffio la faceva cadere per terra. Dovevo uscire da questa situazione e mettermi nella condizione di intra­prendere un’altro compito, quello di salvare la ragione, domandata in sacrifio a Dio dalla fede ! E mi ritrovai in una « selva, selvaggia ed aspra e forte, che nel pensier rinnova la paura » !




2005




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