La punizione
E venne in questo momento la chiamata del Santo Uffizio. Perché mi chiamavano ? Per continuare l’interrogazione, o per procedere al processo ? Ma su che cosa ? Sulla mia esistenza ? Presentantomi, fui riucevuto dal Commissario, uomo che conoscevo e che veneravo per la sua dolcezza. Mi ero sempre domandato come poteva esercitare il suo ufficio. E fu infatti con me di una gentilezza estrema. Il Santo Uffizio non aveva trovato in me dei delitti, ma solo una mancanza di corrispodenza fra l’esigenza dello stato di religioso e il mio comportamento publico. Non cera corrispodenza, perché no facevo distinzione fra il comportaento religioso e laico, l’uomo e il sacerdote.
Ricevevo in punizione correzionale la privazione della confessione, in attesa di un cambiamento, che avrebbe domandato del tempo. Tutto questo mi stupiva, sia per la forma ce per il contenuto. Mi aveva colpito la condannazione per la mia laicità. Ma forse non era ignorato la mia libertà presa in confessione per assolvere quelli che la Santa Sede condannava per l’uso della pillola contracettiva, o per consigliare al confessante la sua libertà verso ogni infiltrazione di carattere disciplinare. Ma pensavo anche che forse, se il commissario avesse saputo che non credevo più, avrebbe avuto tutti i motivi per aprire veramente un processo contro di me.
Forse ne fui tentato per trovare un vero motivo della mia condannazione, tanto ero stanco e avvilito di vivere in questo doppio registro di credente e incredulo, dottore in teologia dogmmatica e di negatore di
Gesù-Cristo, di vivere in fine nell’inganno e nell’ipocrisia, si non nell’alianzione. La saggezza era d’andarmene. Ma come ? E qui mi avrebbe potuto indicare la via ? Il mio prossimo futuro si presentava come un
Mare Rosso, che non potevo attraversare se non a nuoto.