ANALYSE  RÉFÉRENTIELLE
ET  ARCHÉOLOGIQUE


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Ennio Floris

Francesca da Rimini

Drama in quattro atti




Atto quarto

scena terza



Indice

Personaggi

Atto primo

Atto secondo

Atto terzo

Atto quarto
- scena prima
- scena seconda
- scena terza
- scena quarta
- scena quinta
- scena sesta
- scena settima
- scena ottava
- scena nona
- scena decima
- scena decima prima
- scena dodicesima



. . . . . . . - o 0 o - . . . . . . .

DANTE, VIRGILIO, MATELDA,
due donne gentili


Boschetto verde, che dà su un prato fiorito. Il sole illumina già il prato, mettendo in risalto i vari colori dei fiori. Canto di uccelli e leggero fruscio della brezza fra i rami. Due ruscelli traversano il prato, sorgendo da una fonte che si trova al centro, chiusa da un piccolo ponte circolare che permette il passaggio da una riva all’altra. L’acqua dei ruscelli è ancora bruna, ma limpia. Sulla riva opposta a quelle pastorella Lia, la stessa del sogno cammina a passo di danza cantando e cogliendo fiori.


DANTE
(A Virgilio) Guarda, maestro, è la stessa pastorella che ho visto in sogno.

VIRGILIO
Sì, figlio, la pastorella che appare ai poeti è sempre la stessa donna, in qualunque luogo essi la vedano, e in quali si stato, sia in sogno sia nella veglia… È sempre la stessa, anche se è vestita diversamente o muta accento. Parla con lei, secondo che detta il tuo cuore.

DANTE
(Alla pastorella, ancora un pò lontana)
   « Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
   ti scaldi, sì vò credere ai sembianti
   che soglion esser testimony del core,
   vegnati in voglia di trarreti Avanti
   verso questa rivera
   tanto ch’io possa intender che tu canti.
» (DC Purg XXVIII,43-48)

MATELDA
(Si avvicina a la riva, caminando a passo di danza sul tappeto di fiori)
   « I’ mi son pargoletta bella e nuova
   che son venuta per portare altrui
   de le bellezze del loco onde io fui.
» (R LXXXVII)

DANTE
   « Tu mi fai rimembrare dove e qual’era
   Proserpina nel tempo che perdette
   la madre lei ed ella Primavera.
» (DC Purg XXVIII,49-51)

MATELDA
Sono io Proserpina : se mia madre mi perdette io però non perdette Primavera, ché la portai con me.

DANTE
Ma dove vieni tu allora ?

MATELDA
   « Io fui del cielo e tornerovvi ancora
   per dare de la mia luce altrui diletto :
   e chi vede e non se ne innamora
   d’amor non averà mai intelletto ;
   che non mi fu in piacer alcun disdetto
   quando natura mi chiese a Colui
   che volle, donne, accompagnarvi a vui.
   Ciascuna stella ne li occhi mi piove
   del lume suo e la sua virtute,
   le mie bellezze sono al mondo nove
   però che di là su mi son venute ;
   le quai non posson esser conosciute
   se non di conoscenza d’uomo in cui
   amor si metta per piacere altrui.
» (R LXXXVII)

DANTE
Ora capisco perché tu vivi nel Paradiso terrestre, dove fiorisca eterna primavera.

MATELDA
Il Paradiso non è un luogo sulla terra, ma ogni luogo dove io apparisco. Là dove io vengo la terra fiorisce anche se fosse arida e il cuore gioisce disponendosi ad amare. Questo luogo è un giardino fiorito e il tuo cuore è lieto perché io sono qui.

DANTE
Chi sei tu allora per venire del cielo sulla terra e ridere come un’eterna primavera ?

MATELDA
   « Voi siete nuovi e forse perch’io rido
   in questo luogo eletto
   a l’umana natura per suo nido
   meravigliando tienvi alcun sospetto :
   ma luce rende il salmo delectasti
   che puote disnebbiar vostre intelletto…
» (DC Purg XXVIII,76-81)
Io sono la gioia che il Signore provò nel creare il mondo nel momento in cui l’immagine della donna s’offerse a lui come modello di bellezza.

DANTE
Sei tu la gioia ? Quella « joie » che i trovatori hanno contata prima di me e che anch’io ho celebrato nella mia poesia amorosa ? Oh ! Comprendo che se non mi innamorarssi di te « d’amor non avrei mai intelletto ».

MATELDA
Sì, quel movimento del cuore che fa gli uomini poeti e li rende gentili, disponendoli all’amore.

DANTE
Sebbene tu sia donna non mi sembra che tu abbia esperienza d’amore perché sei molto giovane e, come tu stessa ti sei definita nel tuo canto, una « pargoletta ».

MATELDA
(Ride) Pargoletta, sì, perché non sono una donna ma la donna che è in tutte le donne, l’immagine della donna che attira il desiderio degli uomini e fa d’ogni donna una mediatrice d’amore.

DANTE
Scusami, bella pargoletta, come ti chiami ?

MATELDA
Il mio nome è Matelda, ma il senso di esso resta misterioso e non può conoscerlo se non chi è pronto a gettare i gigli su quelli che amano.
(Matelda s’incammina lentamente lungo il fiume in direzione della sorgente. Dante e Virgilio la seguono al di qua della riva. Sulla riva opposta dove cammina Matelda appaiono le due donne che si avvicinano anch’esse alla fonte)

DANTE
(A Virgilio) Dove stiamo andando ?

VIRGILIO
Non so, ma senza dubbio verso il Paradiso, che anch’io ho sempre sognato e cantata nel mio poema.
   « Quelli ch’anticamente poetaro
   l’étà dell’oro e suo stato felice
   forse in Parnaso esto loco sognaro.
   Qui fu innocente l’umana radice
   qui Primavera sempre ed ogni frutto
   nettare è questo di che ciascuno dice
». (DC Purg XXVII,139-144)

DANTE
Ora stiamo forse, per salire nel Parnaso.
(Rivolgono lo sgardo verso Matelda e, la vedendo ridere, ridono)



c 1975




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